03/12/2024
C’è un tratto che distingue i Napoletani perbene:
ringraziano sempre.
Non danno nulla per scontato,
e ogni gesto ricevuto lo vivono come un piccolo dono, come un raggio di sole in una giornata di pioggia.
La signora Immacolata, che tutti chiamano Titta,
entra dal fruttivendolo con un sorriso.
“Buongiorno, Gennaro,
mi darebbe, per favore, un chilo di cachi?
Ma mi raccomando, belli buoni!”
E Gennaro, con l’aria di chi sa fare bene il proprio mestiere, risponde:
“Certamente, Signora,
le scelgo io i più dolci e scarto quelli acerbi.”
Così va, di mano in mano, tra parole gentili
e gesti di educazione che profumano di antico,
di un’umanità empatica che altrove sembra svanita.
Sappiamo di essere circondati da onde di inciviltà,
ma non lasciamo che ci travolgano.
Noi, con il nostro rispetto un po’ vintage,
siamo fatti di un’eleganza ereditata dalle nostre famiglie,
quelle che non chiedevano vestiti di marca,
ma volevano che fossero puliti.
Quelle che, quando il maestro rimproverava un figlio,
non si schieravano contro di lui,
ma aggiungevano un secondo rimprovero,
perché l’educazione veniva prima di tutto.
Noi siamo e saremo sempre persone perbene,
eredi della grande tradizione napoletana,
quella delle famiglie che dicevano “fa brutto”
per ricordarci che il decoro era anche dignità.
E così rimarremo,
perché nella gentilezza e nel rispetto
si nasconde la nostra forza.