Guida turistica archeologica della Sardegna - Chirchende

Guida turistica archeologica della Sardegna - Chirchende Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Guida turistica archeologica della Sardegna - Chirchende, Guida turistica, Sassari.

📌Alghero - Piazza Santa Croce Da oggi fino al 27 giugno c'è una mostra da non perdere!!!4° edizione della Mostra di mode...
25/06/2024

📌Alghero - Piazza Santa Croce
Da oggi fino al 27 giugno c'è una mostra da non perdere!!!
4° edizione della Mostra di modellismo statico con concorso "Nel Vivo Della Storia" .
Ingresso libero!😊

ORE: 10:00 e 13:00 e dalle 16:30 alle 19:30 con

L'associazione archeologica ArcheoAido vi aspetta il 10 dicembre a partire dalle ore 15 per un interessantissimo laborat...
08/12/2023

L'associazione archeologica ArcheoAido vi aspetta il 10 dicembre a partire dalle ore 15 per un interessantissimo laboratorio sulla panificazione in epoca nuragica a cura delle dottoresse Giovanna Fundoni e Valeria Congiatu e alla conferenza sull'alimentazione delle comunità nuragiche a cura del dottor Mauro Perra.

Lo sapevate che nel territorio di Luogosanto si trova un importante Castello? Ci troviamo nel Castello di  A circa 15 mi...
06/06/2021

Lo sapevate che nel territorio di Luogosanto si trova un importante Castello?
Ci troviamo nel Castello di
A circa 15 minuti da Arzachena e vicino alle famose spiagge della Costa Smeralda si conservano importanti testimonianze archeologiche di età medioevale che danno testimonianza della vita economica e politica di quest’epoca in Sardegna.
Il castello si armonizza perfettamente con la natura che lo circonda, come se fosse lì da molto prima, nonostante i resti lo facciano risalire all’età medievale.
Ci troviamo sul Monte San Leonardo ad un’altezza di circa 300 metri slm, dalla cima si può ammirare un panorama stupendo sul territorio collinare di Luogosanto ed Arzachena e spaziare verso le tenute Mancini.
La posizione dominante permetteva di controllare le vie di comunicazione che congiungevano i porti e le città più importanti del Giudicato.
Il castello è detto di Balaiana dal nome dei Balari, una delle popolazioni autoctone che abitavano la Sardegna, presumibilmente la Gallura, prima della conquista romana fu un insediamento amministrativamente strategico e un importante simbolo della presenza istituzionale nel territorio durante il periodo giudicale.
Si fa risalire al 1050 la costruzione sia del Castello che della chiesetta, voluto da Costantino I giudice di Gallura.
1146. Si ha traccia di una disputa tra il giudice di Gallura Costantino e gli eredi del suo predecessore, sul possesso del Castello di Balaiana.
Nel 1352 il re infeudava a Giovanni d’Arborea la villa Balanyana. Fu poi occupata dal fratello Mariano IV sino almeno al 1388.
Fu distrutto dagli Aragonesi per ordine di Alfonso d’Aragona nel 1442. Il Castello ha pianta rettangolare e originariamente doveva essere a due piani, oggi rimane solo il piano terra suddiviso in tre ambienti, collegati tra loro con ingresso sulla stanza centrale. Il castello si caratterizza per la presenza di una torre trapezoidale suddivisa in due ambienti, con accesso sul lato orientale.
Nel XIX secolo la statua di San Leonardo fu trafugata dagli abitanti di Luras.
A pochi passi dal Castello si trova la ca****la del castello dedicata a San Leonardo, piccolo esempio di architettura romanica nel nord-est della Sardegna.

: una leggenda vuole che Dante Alighieri sia stato nel castello, ospite di Ugolino (Nino) Visconti, giudice di Gallura.
Un’altra leggenda narra che nei pressi del Castello si aggiri il fantasma di Don Ubaldo. Chi lo ha incontrato lo descrive come una persona gentile e affabile. Che ama intrattenersi piacevolmente, con gli ospiti occasionali, raccontando la storia della sua triste vicenda. Ubaldo apparteneva ad una nobile famiglia locale perseguitata dal re Alfonso d’Aragona.
Nel 1422 il re, dopo aver conquistato e distrutto il Castello di Balaiàna, fece mettere a ferro e a fuoco, dal suo spietato esercito, anche il Palazzo di Baldu e l’insediamento circostante.
Ubaldo riuscì a trovare rifugio presso la vicina chiesa di Santo Stefano, che custodiva una cavità dietro l’altare e dove molti altri riuscirono a salvarsi. I mercenari, assoldati da Alfonso, sterminarono la guarnigione, la famiglia di Ubaldo e rasero al suolo il suo villaggio. Le ricerche del fuggitivo continuarono per giorni, setacciando i boschi e le grotte della zona.
Ben presto gli uomini di Alfonso abbandonarono le ricerche, forse convinti che Ubaldo si fosse rifugiato presso il vescovo di Civita (l’attuale Olbia).

Come si raggiungono i ruderi del castello?
Nei pressi del Monte San Leonardo, situato su una collina rocciosa a 300 metri sul livello del mare, il Castello di Balaiana controllava la strada che conduceva verso il porto di Capo Testa e tutta la media valle del fiume Liscia.
Si raggiunge percorrendo la statale 133 sino a Luogosanto, superato il quale si prende la strada per Arzachena; proseguendo per circa 4 km si svolta a sinistra imboccando una strada asfaltata.
Dal primo caseggiato si segue a piedi un sentiero verso Est raggiungendo la base settentrionale della collina di San Leonardo di Balaiana, dove si trovano i resti del Castello e della chiesetta di San Leonardo percorrendo una scalinata realizzata tra le rocce per circa 100 m di dislivello , una decina di minuti di camminata.

Pagina, testo e foto a cura di Valeria Congiatu

🦔Stanno uscendo dal letargo, saranno un po’ intontiti, fai attenzione a non schiacciarli!🦔SPARGETE LA VOCE 🤓
22/04/2021

🦔Stanno uscendo dal letargo, saranno un po’ intontiti, fai attenzione a non schiacciarli!🦔

SPARGETE LA VOCE 🤓

Oggi vi porto a fare una camminata virtuale nei dintorni di  ! E' una passeggiata che si snoda per 10 km circa attorno a...
20/04/2021

Oggi vi porto a fare una camminata virtuale nei dintorni di ! E' una passeggiata che si snoda per 10 km circa attorno a tre monti: - Monte , Monte Des Daus e Monte , costituiscono il sistema collinare di Monte d'Olla che con i suoi 436 m di altezza è il rilievo più significativo dell’area. Dalle cime si godono ampi panorami sulla Riviera del Corallo fino a Capo Marargiu; a Ovest fino a Punta Argentiera; a Nord-Est sulla piana della Nurra. Con un'ora di camminata si conquistano le falde di Monte Doglia in direzione di Monte Palmavera.
Questo sentiero è un viaggio nel cuore geologico del territorio algherese formato da colline e pareti verticali, immerse nel verde della macchia mediterranea costituita da popolamenti artificiali di conifere, pino marittimo, lecceta, macchia e garighe costiere, ricco di specie come cisto, palma nana, lentisco, mirto, erica, corbezzolo e fillirea e con presenza di endemismi quali la Centaurea horrida, l'Astragalus terracianoi e la Brassica insularis. Il percorso intreccia elementi d'interesse naturalistico con strutture di archeologia militare. La posizione dominante sul golfo di Porto Conte ha fatto si che questi colli fossero le postazioni più adatte per il controllo del territorio. Non solo nuraghi ma anche fortificazioni dell'ultimo conflitto mondiale. Negli anni trenta e i primi anni quaranta del '900 la Sardegna è stata sottoposta ad una intensa opera di fortificazione delle coste e del prossimo entroterra mirata ad ostacolare lo sbarco di eventuali nemici. Una linea difensiva nata durante il secondo conflitto mondiale, ma che mai ha realmente funzionato proprio perché figlia del famoso “equivoco” messo su dai servizi segreti alleati per convincere Mussolini e i tedeschi che lo sbarco sarebbe avvenuto in Sardegna anziché in Sicilia. Una linea difensiva straordinariamente ben conservata e composta da quasi seicento manufatti bellici e che ha poco da invidiare alla più blasonata linea Maginot. Nel territorio del Parco naturale regionale di Porto Conte si possono individuare centinaia di manufatti in miniatura che testimoniano questo periodo storico, in particolare nel complesso collinare di Mont D’Olla. Qui ci sono tutte le tipologie costruttive delle fortificazioni militari come i fortini globulari, le postazioni di artiglieria, i depositi di munizioni e le caserme. Le strutture militari sono disposte su tre file parallele e concentriche che assolvevano a funzioni diverse. La prima è alla base delle colline ed è costituita da fortini globulari in cemento armato, muniti di feritoie dalle quali utilizzare fucili e altre armi leggere; tali strutture avevano spazi molto angusti e potevano ospitare due o tre militari per turno, avevano un rivestimento mimetico costituito da pietra locale o venivano verniciati con colori del paesaggio circostante. Nella seconda fascia, situata a mezza costa, sono prevalentemente disposte piattaforme per artiglieria leggera con annesso ricovero sotterraneo per armi, munizioni e soldati. La base per il pezzo di artiglieria è di cemento armato, e il ricovero è realizzato ricavando uno scavo contenuto da muro a secco o con malta e ricoperto da un soffitto con travi in legno, canne e ricoperto di terra. Nella terza fascia, situata sulla sommità dei colli, sono presenti postazioni di artiglieria pesante con annessi ricoveri sotterranei per armi, munizioni e soldati realizzati in muratura con pietra locale e malta, questi presentano volte a botte in muratura all'interno della quale sono ricavate aperture per l'illuminazione. A corredo di queste strutture vi sono delle caserme in muratura di notevoli dimensioni adibite a truppe e ufficiali e al loro interno si trovavano servizi, cucine e posti letto, qui i militari assolvevano alcuni compiti e attendevano il turno per mo***re di guardia nelle varie postazioni. Proseguendo dalle falde di Monte Doglia (direzione Pera Ponte nel cartello) si raggiunge attraverso un sentiero ombrato dalla macchia di corbezzolo e olivastro la sommità del Monte Palmavera dove lo sguardo spazia su orizzonti che arrivano fino all'Argentiera, per poi concludere la camminata oltre il nuraghe, sbucando nuovamente sulla pista ciclabile.
Piccola curiosità (non verificata da me), secondo delle fonti dovrebbe essere visibile la firma del muratore che ha firmato il suo lavoro con la scritta: "Ortu Giuliano classe 1906".
Chiudo il mio post con un'altra curiosità appresa dai vecchi pescatori algheresi sul nome Monte Doglia, i pescatori raccontano che "Oglia" in catalano significhi tegame, appunto il monte ha la forma di un tegame rovesciato!
E ora non mi resta che augurarvi: Buon trekking!

foto e testo: Valeria Congiatu
fonti: brochure algheroparks.it

Non tutti sanno che... in Sardegna abbiamo: La "cattedrale" del mare !Non è solo il titolo del romanzo di Ildefonso Falc...
23/03/2021

Non tutti sanno che...
in Sardegna abbiamo: La "cattedrale" del mare !

Non è solo il titolo del romanzo di Ildefonso Falcones (siamo un pò lontani da Barcellona), ma ci troviamo ad Arbatax, in provincia di Nuoro, Ogliastra. Qui si erge verso il cielo dalla costa orientale sarda una scogliera sapientemente scolpita dal tempo e che ricorda la forma di una cattedrale. Le Rocce Rosse di Arbatax, soprannominate “la cattedrale del mare”, si sono formate nel tempo. Alte e slanciate, sono fatte di porfido rosso: una tinta a contrasto col mare, che qui è color dello smeraldo. E, pur non essendo altissime (la punta più alta arriva a 15 metri), la loro imponenza è evidente.
Il piazzale che le circonda era un tempo una miniera: veniva estratto da qui il porfido di cui sono composte, un materiale lavico che serviva per costruire e per decorare il porto, il borgo e le cittadine dei dintorni. Il passato è ancora vivo in quei ruderi incastonati nelle rocce che facevano da rifugio ai minatori e agli scalpellini nel primo Novecento nel primo Novecento. Si narra che anche il foro presente nel monumento stesso, sia stato usato come riparo per i lavoratori di quel tempo, e testimone di questo è la presenza di segni edili in calce e pietra, presenti nelle rocce rosse
È il colore rossastro, così spettacolare, a dare origine al nome di questa attrazione naturale, resa ancora più bella dal contrasto cromatico che si viene a formare grazie ai toni bianchi della spiaggia ciottolata e dal colore turchese del mare.
Questa località negli anni Settata ha affascinato la grande regista Lina Wertmüller che decise di girare il finale del suo film cult “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”. I giganti rocciosi compaiono nella scena di chiusura, facendo intravedere anche il porto di Arbatax, località turistica a due passi, frazione del comune di Tortolì.

Qui ogni anno ci si incontra per il festival Rocce Rosse Blues, vetrina per musicisti di fama internazionale e per il "RedValleyFestival".
E ora... non vi resta che segnarla in agenda tra i posti da visitare del territorio ogliastrino!

Questa domenica siamo andati a vedere il bel Nuraghe Majore  che si trova nel territorio comunale di Cheremule (SS) lung...
02/03/2021

Questa domenica siamo andati a vedere il bel Nuraghe Majore che si trova nel territorio comunale di Cheremule (SS) lungo la strada che da Thiesi si dirige verso Romana. Ben posizionato su un'altura, risulta immerso nei caratteristici paesaggi bucolici che molte zone della Sardegna ci regalano. Ma cosa sappiamo dei nuraghi semplici come questo?
Qualche risposta per chi dovesse avere qualche piccolo dubbio...proverò a darla in questo "breve" post.

Come possiamo ammirare nel territorio attorno a noi, il nuraghe semplice varia sia nella forma che nelle dimensioni.
Questa torre troncoconica è realizzata attraverso la posa di pietre collocate con una certa cura, al cui interno è sempre presente una camera più o meno circolare con copertura a tholos. Le murature sono formate da pietre di dimensioni variabili: i massi di maggiori dimensioni, a parte gli architravi degli ingressi, sono generalmente inserti al piede dell'edificio, talora a costituire una sorta di basamento, mentre le pietre di minori dimensioni sono destinate alla parte sommitale della torre ed in molti casi sono lavorate, talvolta con grande cura (tecnica isodoma), in modo da ricavare dei conci dalla caratteristica forma a coda o a T, idonei ad assicurare una migliore inserzione nel profilo curvo della muratore e quindi maggiore stabilità. Le murature delle torri mostrano un'inclinazione più o meno accentuata, di norma intorno ai 10º, il modulo della camera può essere replicato in verticale, almeno su tre livelli sovrapposti, dando origine a torri di notevole elevazione.

Purtroppo nessun nuraghe ha conservato intatta la parte superiore per cui è impossibile stabilire quale potesse essere effettivamente l'altezza massima di una torre nuragica e quale fosse il numero massimo di camere sovrapposte eventualmente ospitate.
Il ritrovamento di mensole litiche, richiama l'originaria presenza di un ballatoio, forse ligneo e probabilmente con parapetto,sporgente sul bordo della terrazza. All' interno oltre la porta d'ingresso abbiamo il corridoio di accesso, la camera centrale a tholos, ad un lato si apre la scala elicoidale entro lo spessore della massa muraria per accedere alla sommità dell'edificio e alle camere superiori.

Ci possiamo domandare ovviamente come fanno certe strutture costruite a secco ad arrivare ai nostri giorni, la risposta sta nella tecnica con la quale sono stati costruiti, si tratta della tecnica ad aggetto in cui la copertura di pietre è ottenuta facendo sporgere il filare superiore su quello sottostante e restringendone progressivamente il diametro sino ad ottenere, alla sommità, un circolo minimo di pietre che poteva esser chiuso da una piccola lastra. La stabilità dei blocchi è garantita dal peso dell'opera muraria che grava sulla parte non aggettante di ogni massi; nei nuraghi, la massa muraria che riempie gli interstizi fra il paramento esterno e le pareti della camera o di altri spazi interni è costituita da pietrame di media e piccola pezzatura.

Quello che vedete nella foto, Nuraghe Majore, è uno dei piu' interessanti del territorio, si sviluppa per una decina di metri di altezza, si tratta di un nuraghe monotorre a pianta canonica: scala oraria e nicchia d’andito raffrontate, nella camera che conserva integra la tholos le consuete tre nicchie disposte a croce. Dalla nicchia destra, a circa 2 metri d’altezza una scala sussidiaria permette l’accesso al mezzanino o piano di mezzana che comunica con la camera tramite un finestrone.

Fonte: Corpora delle antichità della Sardegna - LA SARDEGNA NURAGICA pag.29

25/11/2020
Passeggiando tra le dighe di Bunnari 🏞️Ci troviamo a pochi km da Sassari🌆 sulla vecchia SS127, dopo aver percorso una st...
25/11/2020

Passeggiando tra le dighe di Bunnari 🏞️

Ci troviamo a pochi km da Sassari🌆 sulla vecchia SS127, dopo aver percorso una strada sterrata, rimaniamo impressionati per come se pur a pochi minuti dalla città, il tempo qui sembra essersi fermato. La vegetazione ha preso il sopravvento, tutto è avvolto dal silenzio, rotto solo dallo scroscio dell'acqua che ancora scorre fra il verde che ci circonda. Oggi ci appare come un luogo dimenticato, ma fino ad una manciata di anni fa era un punto nevralgico per Sassari garantendone l'apporto idrico.

Prima di parlare delle dighe farei un salto indietro ad uno tra i piu' gravi problemi della Sassari ottocentesca, la " questione dell'acqua", in città scarseggiava, e nei pochi pozzi presenti non sempre l'acqua era potabile a causa dell'inquinamento delle falde generato dai pozzi neri vicini. A dimostrazione di ciò, l'epidemia di colera del 1855, in cui morirono 5000 persone su una popolazione di circa 22mila abitanti, bisognava risolvere il problema. I tentativi furono svariati: dall'idea di captazione della dragonaia del "pozzo di rena" (Emiciclo Garibaldi) a quelle, nel 1846, della dragonara di sant'Agostino, all'incanalazione delle acque dell'Eba Ciara per portarle verso pz Castello e ridistribuirla a tutta la città. Solo nel 1858 si prese in considerazione la sorgente di Bunnari, il capitano Enrico Parodi, propose di trasportare verso Sassari per mezzo di una galleria lunga circa 2500 metri fino a Molino a vento, e da qui incanalarla verso piazza Castello, ma non avvenne. Dopo varie proposte, discussioni e vicissitudini, che videro anche iniziati e poi abbandonati i lavori di realizzazione dell'acquedotto municipale, nel 1874 il Comune accettò la proposta dell'Ing. Luigi Claudio Ferrero, già Direttore dei lavori per l'acquedotto di Cagliari, che prevedeva la realizzazione di un lago artificiale della capacità di 450.000 metri cubi mediante lo sbarramento del Rio Bunnari con una diga. Fu costruita tra il 1874 e il 1879, e collaudata nel 1880. I dati tecnici parlano di una struttura a gravità ordinaria in muratura di pietrame dell’altezza di 32 metri. Mezzo secolo più tardi, a causa della crescente espansione urbana, ci si rende conto che il bacino non riesce più a far fronte ai bisogni dei sassaresi, ma sopratutto all'entusiasmo avuto con la diga costruita dall' impresa Fumagalli di Milano, segui il disappunto: l'acqua erogata dalle condutture emanava un forte odore di idrogeno solforato, aveva cattivo sapore e risultava untuosa al tatto, segno inequivocabile di un contenuto rilevante di sostanza organica in decomposizione, che il passaggio attraverso i filtri dell'acquedotto non era evidentemente in grado di abbattere in modo soddisfacente. Dalle analisi e dagli approfondimenti compiuti dalla commissione risultò confermato che «nelle acque del bacino vi era una quantità enorme di sostanze fisse, fra le quali, quantità tale di sostanze organiche da renderle nel modo più assoluto nocive a quell'organismo il quale avesse avuto l'imprudenza o si fosse trovato nella necessità di servirsene». Tra le possibili cause dell'insalubrità e non potabilità delle acque la commissione segnalò la grande quantità di sostanze organiche che queste trascinavano con sé attraversando il paese di Osilo e i terreni boschivi o a coltura a monte dell'invaso, anche per il «sistema di lasciar vagante ed al pascolo per molte ore il bestiame, nonché per la inclinazione del terreno». Nei decenni successivi l'acqua dell'invaso fu utilizzata solo a scopi irrigui e industriali, mentre la popolazione fu approvvigionata con l'acqua delle sorgenti di Bunnari e con le fontane del Rosello e delle Concie.

Solo in epoca fascista il problema dell'alimentazione potabile di Sassari fu in buona misura risolto, grazie all'installazione di un più moderno impianto di chiarificazione e depurazione delle acque, alla costruzione della diga del Bunnari Alto, con un bacino della capacità utile di 1.200.000 metri cubi e, infine, alla realizzazione di un canale di raccolta di tutte le acque superficiali cadenti sul centro abitato di Osilo.
Arriviamo al 1930, in cui iniziano i lavori per la realizzazione di un’altra diga a monte, 500 metri in direzione est, che termineranno due anni più tardi. È la diga di Bunnari alta, strutturalmente più moderna ma di minore altezza (29 metri), che delimita un bacino tre volte più grande, pari a 1.200.000 metri cubi.

Ma ritorniamo alla diga vecchia... dopo aver preso il sentiero, immersi in un totale silenzio giungiamo al cancello, da qui, un sentiero ci porta a delle strutture pericolanti. L'edificio più suggestivo che si incontra è una struttura interna con delle cisterne delimitate da grandi archi, esternamente si intravede la scritta Filtro. Subito dopo si arriva al possente muro con trentadue metri di altezza, e l'anno di completamento della vecchia diga capeggia sulla sommità del paramento con una scritta in metallo “1878”, che riassume con vanto le audaci capacità ingegneristiche dell’epoca.
Ai lati della diga vecchia, la più antica della Sardegna, si trovano due centraline di controllo del flusso, una delle quali è ancora accessibile e conserva in parte i meccanismi idraulici. Risalendo una lunga gradinata che conduce al vertice della struttura, e proseguendo in direzione di Bunnari alta, si raggiunge una galleria facente parte del vecchio sentiero che costeggiava il lago collegando le due dighe.

L'opera più ambiziosa e sorprendente è senza dubbio un ampio tunnel sotterraneo che si snoda per oltre cinque chilometri fino a Sassari, collegandosi con la vecchia palazzina ristrutturata in stile Liberty dell’acquedotto di viale Adua , ne sconsiglio vivamente l'accesso.

GLi anni passano e Bunnari bassa finisce nel dimenticatoio dei Sassaresi mentre Bunnari alto fu frequentata fino al devastante incendio della seconda metà degli anni ’90 che ha ridotto in cenere la rigogliosa pineta. Ma il rogo è stato solo il primo presagio del destino che accomuna le due dighe “gemelle”: nel 1999 Bunnari bassa è dichiarata pericolante, si svuota l’invaso e l’impianto viene definitivamente chiuso e abbandonato.

Per Bunnari alta invece si susseguono una serie di interventi di manutenzione, si assiste al potenziamento del sistema idrico proveniente dal lago Coghinas e nel 2003 iniziano i lavori di manutenzione che dovrebbero continuare per i prossimi anni.

Bunnari vecchia ormai è dimenticata, completamente in stato di abbandono, restano vive solamente il vuoto del lago in secca di cui si scorge ancora il vecchio livello massimo, e l’orgogliosa data sul lato opposto della diga, emblema delle conquiste di un passato ormai lontano.

🏞️Fonti:
PARIS, W. - L'acquedotto di Sassari. In: La Sardegna nel mondo mediterraneo, 6. Per una storia dell'acqua in Sardegna, a cura di Manlio Brigaglia. Ediz. Gallura, Sassari, 1990
RUNDINE, A. - L'approvvigionamento idrico a Sassari nella seconda metà dell'Ottocento. In: La Sardegna nel mondo mediterraneo, 6. Per una storia dell'acqua in Sardegna, a cura di Manlio Brigaglia . Ediz. Gallura, Sassari, 1990
VIRNO G. - Il nuovo acquedotto per la città di Sassari. Estratto dagli Annali dei Lavori pubblici, Anno 1934
MANCONI S. Una storia d'acqua (Sassari, 1880) Ediz. Chiarella

© Riproduzione riservata - Foto e testo di Valeria Congiatu 👩‍💻

Se c'è un posto in Sardegna dove anima e corpo trovano pace,  questo può  essere la grotta di Su Mannau. Nel sottosuolo ...
11/09/2020

Se c'è un posto in Sardegna dove anima e corpo trovano pace, questo può essere la grotta di Su Mannau.
Nel sottosuolo dell’Iglesiente si trova un posto magico, qui si può passeggiare in totale silenzio tra sfumature rosse della roccia, laghetti blu, bianchissime stalattiti e stalagmiti, formazioni calcaree luccicanti come cristalli.
Le grotte di su , nel territorio di , sono un complesso carsico ‘scolpito’ 540 milioni di anni fa e ancora ‘vivo'! cioè le formazioni calcaree sono in continua evoluzione!
L’antro s’insinua per otto chilometri nel cuore della terra con due rami principali: quello sinistro originato dal fiume Placido, con spettacolari condotti e saloni; quello destro, il maggiore e quasi ‘orizzontale’, originato dal fiume Rapido. La parte visitabile è nel primo ramo, suddivisa in archeologica e speleologica.

La visita guidata dura circa un'ora (guida eccezionale) e si divide in due grandi aree: la sala archeologica e la sala speleologica. La sala archeologica è il primo grande ambiente del percorso turistico e fa parte del ramo fossile, utilizzato sin dall'epoca Nuragica come luogo di culto dalle popolazioni che abitavano le montagne del Fluminese. Al suo interno vi è un vero è proprio tempio ipogeo dedicato al Culto delle Acque.
Oggi questa sala fa parte del Ramo Turistico e si visita per prima, si possono ammirare ancora alcune piccole lucerne e centinaia di frammenti. La cavità fino agli anni ’70 era usata dai pastori della zona come caldo ricovero invernale per gli armenti, che hanno lasciato uno spesso strato di terriccio scuro misto a fango e guano di pipistrello. Nella zona terminale della sala troviamo il laghetto della dea Madre.

Dalla sala archeologica si torna indietro per dirigersi verso la sala speleologica, qui il ramo speleologico si divide in due principali zone che sono state create dai piccoli corsi d'acqua interni : il ramo di sinistra dal fiume Placido ed il ramo di destra dal Fiume Rapido.
Si inizia questa seconda parte della visita oltrepassando un piccolo passaggio artificiale che permette di arrivare al Pozzo Iglesias conosciuto come Sala Centrale, ricca di numerosissime concrezioni, per poi continuare per il laghetto dei famosi gamberetti (stenasellus nuragicus), sino ad arrivare alla cascata di galleria Puddu, per giungere infine a un maestoso pozzo: Pozzo Rodríguez. Attraverso una scala si arriva al suo belvedere. Una colonna di sette metri troneggia al centro: è una stalattite collegatasi a una stalagmite a formare un pilastro. Il pozzo è profondo 23 metri: grazie alla scala si può scendere sino alla sua base. Il ramo di destra, invece, ha una serie di sale comunicanti.

Sulle bellezze delle sale interne sarebbe quasi inutile soffermarsi ormai notissime a livello nazionale, ricche di stalattiti e stalagmiti e di imponenti fenomeni di concrezionamento , questi creano delle forme simili a dei panneggi e brillano come meravigliosi tessuti impreziositi da brillanti.
La grotta per quest'anno sarà visitabile fino al 30 settembre 2020.
Prenotate la visita!
Info dal sito: https://www.sumannau.it/
Le foto della grotta sono tutte di: Valeria Congiatu

Indirizzo

Sassari
07100

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Guida turistica archeologica

Laureata in archeologia protostorica e guida ufficiale registrata all’albo regionale.

Appassionata da sempre di viaggi e fotografia, accompagna nella riscoperta dei siti archeologici della Sardegna.

#Chirchende #Sardegna