06/01/2025
La Befana senza scopa
No, Babbo Natale che porta i doni non c’era, se ne aveva notizia dai film americani degli anni ’50, quelli in bianco e nero dove nelle ville di lusso con i grandi saloni e la scala enorme all’interno, l’albero di natale era altissimo e la padrona di casa riceveva gli ospiti in abito da sera. Da noi arrivava la Befana, non con la scopa e non lasciava la calza nel camino (che non c’era) ma ci raggiungeva attraverso il Comune. Era, la nostra, la befana “dei poveri”, un omaggio che l’Amministrazione Comunale faceva ai bambini delle famiglie economicamente in difficoltà e che, negli anni ’50, erano davvero tante. Quindi andavamo noi “a prendere la befana”. Giocattoli modesti, fragili: il fucile o il camioncino per i maschi, il bambolotto n**o o il “servizio” con le tazzine per le bambine, il gioco degli shanghai o la dama di cartone con le pedine di plastica che quando andavano p***e venivano sostituite coi tondelli di legno segati da un vecchio ma**co di scopa. La consegna avveniva nella sala dell’allora Cinema Italia (oggi Teatro degli Atti) di via Cairoli alle 10 di mattina, un orario poco probabile per la Befana professionale.
Ricordo la sala gremita, più gli adulti dei bambini, il vocìo, i commenti ed i pianti dei piccoli che puntualmente desideravano il giocattolo toccato ad altri tanto che, trovata l’intesa, si procedeva con lo scambio. Su tutte si levavano le voci stridule della mamme che denunciavano “le differenze” ovvero l’esistenza di famiglie di “raccomandati” che, a lor parere, si prendevano i regali più belli. Insomma diventava un’occasione più per i “grandi” che per i bambini, per quei genitori che allora, potendo, mettevano la bambola grande, imparruccata, con la gonna larga, seduta in mezzo al letto matrimoniale da guardare ma non toccare ed allora quei giocattoli della “befana del comune” seppur modesti ma tutti nostri, per noi erano una festa e poi la befana un po’ cenciosa con quella mantellina sulle sp***e, aveva qualcosa di familiare che ce la rendeva più vicina e simpatica.
Vero che sembrano passati secoli tanto da far dire alla Elsa “un’è pió cmè na volta” (non è più come un volta). Con i panettoni sugli scaffali da settembre, gli addobbi di plastica e le p***e colorate che cadendo dall’albero rimbalzano ripetendo un rumore sinistro ed irritante mentre il bello stava proprio lì, che cadendo si rompevano, per cui si avvolgevano, ovattavano come fossero cristalli preziosi! Fino all’aberrazione di chi l’albero, a gennaio inoltrato, lo ripone nel garage con le p***e appese, pronto per il natale successivo. Con i regali forzati scelti non in base alle possibilità economiche ma in virtù del grado di simpatia del destinatario. Conosco chi li compra ad agosto, “così non ci penso più”. Fino ad arrivare alla perfidia di chi, incontrando il parente che, tapino, è “rimasto” solo, gira lo sguardo altrove ad evitare il rischio di doverlo invitare per il gran pranzo. E se proprio ti viene a sb****re in faccia, allora si tenta il dribbling “st’an andém a magnè fóra, tanimodi … i fiól j’è grand.. i và pèr còunt sù” (quest’anno andiamo a mangiare fuori tanto i figli sono grandi e vanno per i fatti loro). Per poi arrivarci davvero al grande passo. Pranzo di Natale al ristorante con la famiglia allargata, cui seguono i commenti della sera: “Saremo stati bene? Alla fine abbiamo speso meno che a casa eppoi vuoi mettere la comodità?” Dopo una settimana: “Però i caplétt in sassurmèja gnènca mi nòst (i cappelletti non s’avvicinano nemmeno ai nostri), “da rèst com’ì putria fè! Lór i prepara a feragäst e po’ i mètt ti frigor! (del resto come potrebbero? Loro li preparano in agosto poi li conservano nel freezer). Dopo dieci giorni: “I diş d’andè magnè fóra…j’ha curaz da dì … t’è santì e’ vèin? Frèid! Va là chi s’è fatt furb!” (suggeriscono di andare a pranzo al ristorante…hai sentito il vino? Fradicio! E’ che si son fatti furbi!).
Mentre i più evoluti socialmente si possono permettere la differita: “a Natale non è possibile, magari ci troviamo la settimana prima”, tanto che il 25 dicembre sta diventando una data indicativa con tra le poche certezze la trasmissione, in TV, del film “La tunica”. (di Grazia Nardi da “Armidiè” – Panozzo Ed.).
Foto di D. Minghini, Befana del Vigile, Rimini piazza Cavour (Biblioteca Gambalunga, Archivio fotografico).